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ALZHEIMER: DIAGNOSI

L’unico modo di fare una diagnosi “certa” di malattia di Alzheimer è a tutt’oggi attraverso l’identificazione delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale, possibile solo con l’autopsia e quindi post mortem. Questo significa che durante il decorso della malattia si può fare solo una diagnosi di malattia di Alzheimer clinicamente “definita”, “probabile” o “possibile”.

Per questo i medici si avvalgono di diversi strumenti:

visita neurologica, test neuropsicologici, esami neuroeidologici (Tomografia computerizzata (TC) cerebrale e/o Risonanza magnetica nucleare (RMN) encefalica), valutazioni psicofisiologiche (potenziali evocati cognitivi, come la P300), esami bioumorali (del sangue, delle urine e/o del liquor).

Questi esami permettono di confermare la presenza di demenza, individuandone alcune cause rimovibili (ad es. endocrine o carenziali) ed escludendo altre malattie in grado di produrre sintomi analoghi (ad es. neoplasie cerebrali).

Come in altre malattie neurodegenerative, la diagnosi precoce è importante sia perché offre la possibilità di trattare alcuni sintomi della malattia e di ritardarne lo sviluppo, sia perché permette al paziente di pianificare il suo futuro, quando ancora è in grado di prendere decisioni. E' oggi possibile riconoscere quando un cervello sta accumulando beta amiloide e porre diagnosi di malattia di Alzheimer quando il disturbo di memoria è ancora lievissimo e non disabilitante: sono necessari esami sofisticati quali la RMN ad alta definizione, la Tomografia ad emissione di positroni (PET) ed il dosaggio liquorale di beta amiloide e proteina tau. La diagnosi precoce è inoltre condizione per intraprendere interventi farmacologici con farmaci attivi sull'acetilcolina volti a mantenere integre le funzioni cognitive per un periodo di tempo superiore, per ritardare l'esordio della disabilità.