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DISTROFIA MUSCOLARE: RIABILITAZIONE

L’obiettivo della riabilitazione nelle malattie neuromuscolari è preservare il più a lungo possibile l’autonomia del paziente, ritardare l’evoluzione dei sintomi e prevenire le complicanze. Il fine dell’intervento riabilitativo può essere, quindi, preventivo, curativo (quando possibile), o compensativo. Le principali aree su cui si può intervenire con la riabilitazione sono:

  • cambiamenti posturali
  • mantenimento delle posizione seduta
  • mantenimento della stazione eretta
  • locomozione
  • prensione e manipolazione
  • funzione respiratoria
  • funzione cardiovascolare
  • alimentazione
Trattamento per l’area motoria

Nella fase iniziale della malattia devono essere messi in atto accorgimenti preventivi per contrastare l’ipostenia, l’affaticabilità e le limitazioni articolari. Tali provvedimenti consistono in: attenzione al mantenimento di posture corrette, frequente cambiamento di posizione, movimenti passivi per conservare il più a lungo possibile la mobilità articolare, movimenti attivi (ma sempre submassimali e con pause di riposo). Il beneficio dei movimenti attivi è tuttora oggetto di dispute: secondo alcuni autori, infatti, possono provocare degli effetti negativi sul muscolo, soprattutto nei pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne e da altre forme rapidamente progressive.

Possono inoltre essere utili la termoterapia, effettuata con bagni caldi per attivare la circolazione periferica e per contrastare i problemi trofici, e la cura posturale, con programmi di stiramento combinati all’uso di ortesi leggere allo scopo di ridurre l’insorgenza di retrazioni tendinee.

Nelle fasi successive l’obiettivo è mantenere per quanto possibile l’autonomia: quando la deambulazione non è più possibile, è necessario cercare di mantenere l’ortostatismo e le posture corrette con opportuni ausilii (ortesi, tavolo da statica da prono). In alcune situazioni può essere auspicabile l’intervento di stabilizzazione chirurgica della colonna vertebrale in caso di scoliosi.

Trattamento delle funzioni della sopravvivenza
Funzione respiratoria:

Nel programma riabilitativo devono essere incluse anche misure per agevolare la respirazione. Il paziente distrofico deve fare attenzione ai primi segni di ipoventilazione, che possono manifestarsi con malessere, cefalea, irritabilità o mancanza di concentrazione, segnali di peggioramento della funzione del respiro che in genere precedono/si accompagnano a comparsa di alterazioni all’emogasanalisi (prelievo di sangue, per via arteriosa o venosa al fine di valutare nel sangue in particolare il livello di ossigeno, di anidride carbonica ed il pH). Per questo sono raccomandati periodici controlli della funzione respiratoria anche attraverso spirometria, saturimetria e capnometria durante il sonno, misurazione della forza dei muscoli inspiratori ed espiratori (MIP e MEP), polisonnografia (in casi particolari).

Tra le modalità di intervento della fisioterapia respiratoria, particolarmente utili sono le tecniche disostruttive, che servono a liberare il paziente dal ristagno delle secrezioni bronchiali.

L’insufficienza respiratoria viene trattata con ventilatori a pressione positiva. Questi ultimi sono apparecchi affidabili, con possibilità di regolazione dei parametri ventilatori (flussi, volumi, frequenze, pressioni) e di selezione delle modalità di ventilazione (controllata totalmente dalla macchina oppure attuata dal paziente ed assistita dalla macchina, assistita/controllata). Il funzionamento del ventilatore avviene mediante connessione con la rete elettrica, ma buona parte degli apparecchi sono dotati di una batteria che consente loro di funzionare per qualche ora anche in caso di black-out. Il ventilatore è impiegato in genere durante la notte, in modo da interferire il meno possibile con le attività quotidiane del paziente.

Funzione cardio-circolatoria:

Diverse miopatie (in particolare Duchenne, Becker, Steinert, Emery-Dreifuss) sono caratterizzate, nel loro decorso, anche da coinvolgimento del muscolo cardiaco. Per questo è importante che coloro che sono affetti da queste forme di distrofia si sottopongano a controlli semestrali o annuali almeno con elettrocardiogramma (ECG) ed ecocardiogramma (o ecocuore). Possono risultare utili anche radiografia del torace, elettrocardiogramma dinamico (ECG-Holter).

Il trattamento può essere solo farmacologico e sintomatico per le turbe del ritmo; è inoltre necessario evitare situazioni di sovraccarico cardiaco come le complicanze respiratorie acute.

I problemi circolatori possono interessare sia il distretto arterioso sia quello venoso. Nel primo caso si possono manifestare estremità fredde, talora cianotiche, problemi trofici, specie nella stagione fredda, che vanno prevenuti con protezione dal freddo, applicazioni caldo-umide. Un rallentamento del circolo venoso, invece, può essere favorito dalla posizione declive (in carrozzina) e dalla mancanza di pompa muscolare. Tuttavia, la comparsa di edema a caviglie e piedi può essere anche un segnale di insufficienza del cuore destro; tale ipotesi deve essere esclusa con adeguati accertamenti.

Problemi alimentari:

Le problematiche alimentari che possono coinvolgere il paziente miopatico sono:

  • la disfagia
  • disturbi gastroenterologici: anomalie della motilità intestinale (stipsi, sindrome da pseudo-occlusione intestinale, reflusso gastro-esofageo)
  • problemi nutrizionali (obesità ingravescente dopo l’arresto del cammino, stato di malnutrizione)

Il trattamento di tali disturbi si avvale di:

  • modalità di elaborazione dei cibi per consentire una migliore progressione deglutitoria
  • proposte rieducative di stimolazioni del distretto  bucco-linguale-faringeo e di compensi posturali del capo per favorire un’adeguata deglutizione
  • massoterapia addominale
  • misure dietetiche e farmacologiche che migliorino la cinetica viscerale
  • accorgimenti alimentari qualitativi o quantitativi che migliorino la digeribilità
  • accorgimenti posturali, soprattutto anti-reflusso
  • gastrostomia (PEG) quando, nonostante tutti i provvedimenti, l’alimentazione per bocca diventa talmente difficoltosa da provocare deperimento o disidratazione.