Home » Malattie » Ictus » Vivere dopo l’Ictus

VIVERE DOPO L'ICTUS

Vai all'Associazione
Vai all'Associazione

Le conseguenza del danno (provocato dall’ictus) possono essere molto variegate come si è visto. Talvolta il recupero è rapido completo (e avviene nei primi tre-sei mesi) ; in altri casi il decorso sintomatico può essere più complesso.

E’ importante che la persona colpita da ictus - nonché il caregiver, i familiari, gli amici – diventino consapevoli che la situazione (più o meno grave) di invalidità potrà essere suscettibile di miglioramento sotto diversi profili: in seguito a progressi spontanei, ma anche grazie ad un percorso di riabilitazione, di sostegno, di ri-emancipazione perseguito con pazienza e determinazione.

In questo cammino, acquistano una rilevanza amplissima l’informazione qualificata, il sostegno psicologico e l’acquisizione di nuove competenze: una sinergia di interventi che interessa tutta la rete affettiva/sociale della persona colpita da ictus.

Le situazioni possono essere le più diverse - non solo perché differenti sono le funzioni che risultino compromesse - ma perché ogni volta le nuove condizioni si contestualizzano in modo unico ed irripetibile.

Tra i bisogni più comunemente manifestati dalle persone colpite da ictus e dai loro caregiver, si rivelano preminenti l’esigenza di ottenere informazioni chiare e complete da parte degli operatori sanitari, sia sulla prognosi, sia sulla gestione assistenziale e globale della persona colpita da ictus.

A partire dall’immediato - con il ritorno a casa - vi è l’esigenza di riorganizzare gli spazi, di procurarsi gli ausili più opportuni ed imparare ad usarli, di prevedere tempo, energie e disponibilità per provare il modello assistenziale; di provvedere eventualmente ad un aiuto esterno; di acquisire rapidamente strategie comunicative per capire i bisogni e la volontà della persona afasica, per rassicurarla, per relazionarsi con essa nel modo più semplice, efficace e meno frustrante.

Un aspetto importante dell’impegno e della difficoltà assistenziale inerisce proprio alla relazione tra il caregiver e la persona colpita da ictus, che inevitabilmente muta: va incontro ad assestamenti ed a graduali riequilibri. L’affetto e la sollecitudine nel coadiuvare l’assistito non deve trasformarsi in un ostacolo alla faticosa riconquista da parte sua di un livello di autonomia possibile. Il caregiver è di fronte a comportamenti nuovi: deve assecondare altri ritmi ed accogliere/intraprendere modalità che potranno apparirgli insolite, faticose, non congeniali. Per questo il caregiver deve cercare ed accogliere aiuto e sostegno per sé e per il suo assistito. Percorsi formativi adeguati si rivelano assai importanti.

Il recupero strettamente funzionale non coincide con un ritrovato benessere della persona colpita da ictus, così come una condizione di deficit è compatibile con un buona qualità dell’esistenza.

 Tra i fattori che influenzano un ritrovato benessere nel recupero psico-fisico anche parziale (anche al di là dell’età e dell’importanza della lesione) assumono rilevanza notevole la motivazione personale, la rete affettiva/solidale, la capacità del soggetto e di quella rete di riorientarsi di fronte alla nuova situazione con ogni risorsa presente. Questi fattori condizionano/incrementano l’efficacia del progetto di riabilitazione.